Olio di qualità e vino naturale: la scelta vincente di Fabio Ferrara

di Antonio Stanzione

Olio di qualità e vino naturale: la scelta vincente di Fabio Ferrara e dell’Osteria del Tarassaco a Rivisondoli, in Abruzzo.

E’ una storia d’amore, quella di Fabio Ferraro e il suo lavoro, che affonda le radici nel lontano 1989, quando gestiva un piccolo caffè, all’interno del quale ha collezionato emozioni indimenticabili. “Ho avuto la curiosità e la premura di conoscere e degustare i distillati più importanti del mondo, volgendo sempre un occhio ai piccoli produttori, con lo scopo di progettualità future”.

Nel 1990, dopo aver visitato il Vinitaly alla ricerca di prodotti di nicchia da inserire nel suo locale, rimase affascinato dalla pulizia di una grappa prime uve. Chiese al produttore dei contatti con il proprio fornitore ed ebbe il piacere di conoscere Luciano Pavone alias Patacchino, con il quale, Fabio, avvia una lunga collaborazione. Contemporaneamente si trovò innanzi ad una sfida: trasformare, in pochi anni, la caffetteria L’Aspidistra in un punto di riferimento non solo in Abruzzo.

“Ho sempre ritenuto che le relazioni siano di importanza vitale e l’incontro con personaggi di rilievo nel mondo enogastronomico, produttori e guru del settore, hanno accresciuto le mie conoscenze”.

“Ciò che muove il mio quotidiano è la risultante di tutte le esperienze acquisite e della continua ricerca, ma anche frutto dei miei piaceri, del mio intuito e delle mie convinzioni. Il desiderio di educare le persone alla scelta consapevole del mangiare e del bere bene, condividendo un breve lasso di tempo, seduti ad assaporare i piatti e gli oli, accompagnati da vini naturali: questa è la mia proposta all’Osteria Del Tarassaco”.

Nel corso degli anni hai virato sempre più sui prodotti derivanti dall’agricoltura biologica, per scelta o per gusto?

Sono figlio di contadini, alcune scelte sono un passaggio obbligatorio in quanto fanno parte del nostro DNA. Ricordo la premura che aveva mia madre nel selezionare attentamente il latte. Quando una mucca aveva necessità di cure farmacologiche il suo latte non veniva utilizzato per nessuna ragione. E’ lei che mi ha introdotto all’analisi organolettica dei cibi. Mi ha insegnato ad annusare ed assaggiare tutto, per meglio comprendere se ci fossero modificazioni e/o problematiche nella lavorazione o nella materia prima. Le devo moltissimo, è grazie a lei se oggi più che mai, sento l’esigenza di ricercare prodotti privi di contaminazioni. Inoltre, nel 1998, al monastero della Grande Charteuse, in un evento sui vini ottenuti da agricoltura biologica e biodinamica, ho iniziato ad apprezzare un innovativo approccio al prodotto della viticoltura, un mondo nuovo e consapevole delle esigenze future. Nel giro di tre mesi ho eliminato dalla cantina tutti i grandi vini convenzionali, sostituendoli con i triple A. In seguito ho curato incontri con i maggiori esponenti a livello mondiale del settore quali Joli, Bellotti (che ci ha lasciati da poco), Lapiere ed altri di rilievo che hanno accresciuto la mia consapevolezza.

Il tuo ristorante l’Osteria del Tarassaco a Rivisondoli ha una formula molto particolare, com’è nata?

Come ogni favola a lieto fine, c’è sempre un percorso alle spalle, intriso di difficoltà e retroscena. Non avendo una cucina in grado di soddisfare più richieste contemporaneamente, date le limitazioni di spazio, ho optato per un menu unico e fisso che ripercorresse il racconto delle materie prime, rispettando la loro integrità e la stagionalità… menu a cui di volta in volta abbino i vini e oli specifici a seconda dei piatti.

Insomma una cenerentola alla quale ho trovato la scarpa giusta.

Da qualche anno la tua attenzione si è focalizzata sull’oro verde, come mai?

Ho sempre pensato fortemente che per essere credibili nel nostro lavoro, sia necessario conoscere le materie prime, per poter meglio comprendere come creare un grande piatto senza stravolgerne la struttura, preservandone la fragranza. Per stare in cucina è vitale studiare gli elementi primari come acqua, sale, pepe, acciughe, formaggi, insaccati ecc. ecc. ed in primis l’olio. Ogni elemento succitato ha comportato anni di studi, di ricerca, di scelte… fino al giorno in cui un ragazzo, che in seguito è divenuto un carissimo amico (Massimiliano D’Addario, titolare dell’azienda Palusci, produttore di olio extravergine d’oliva e di vini), mi colpì con una considerazione che modificò per sempre il mio approccio all’olio e divenne il mio modo di vivere la costruzione di ogni singolo piatto : “se in un abbinamento cibo/vino sbagli il vino, cambi il bicchiere, ma se sbagli l’olio, butti il piatto”.  Successivamente compresi l’importanza di studiare in modo maniacale l’elemento predominante in cucina e Max (Massimiliano D’Addario) mi invitò a fare un corso da assaggiatore di olio, dando il via ad una passione che è divenuta una ragione di vita.

Ci racconti un aneddoto simpatico legato al tuo lavoro?

Alcuni ricordi mi stimolano costantemente ilarità, altri mi hanno lasciato un senso di sgomento ma ricordo con estremo piacere l’incontro con un ricercatore del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche). Venne a pranzo e si presentò come amico del Prof. Servilli (maestro indiscusso, devo moltissimo a lui per avermi dato la spinta ad approfondire le caratteristiche degli oli ed il conseguente utilizzo in cottura). Io avevo terminato da poco il primo corso sull’olio extra vergine di oliva e la domanda di questo signore, mi sembrò folle, al punto tale da credere che fosse un modo per mettersi in mostra. Mi domandò a quante atmosfere avessi i fuochi del gas in cucina, per meglio comprendere come estrarre il licopene (sostanza naturale dalle proprietà antiossidanti) dal pomodoro, specificandomi che con la fiamma ossidrica, utilizzando una pentola di rame occorrevano meno di 30 secondi. Praticamente un motivo in più per capire quanto sia influente l’olio in cottura e il relativo “gioco” delle temperature. Fu molto interessante dibattere su altri aspetti, ma il ricordo della domanda sulle atmosfere continua ad essere vivido dentro di me.

Dove nasce il tuo soprannome che ricordiamo essere Caronte?

Appellativo coniato dal mentore Luciano Pavone una sera in caffetteria quando un importante ristoratore abruzzese espresse il desiderio di intraprendere un percorso completo della Scozia in Whisky. Iniziai a gestire la degustazione e nel bel mezzo della serata interruppi invitandolo a tornare il giorno successivo, con l’intento di cercare il Whisky che maggiormente si addiceva alle sue sfumature, con l’obiettivo di aumentare il desiderio e il piacere di quell’esperienza.

Ci regali il tuo sogno nel cassetto?

Non ho sogni nel cassetto, ma grandi idee da proteggere. La vita mi ha condotto ogni giorno a conoscere persone e storie incredibili. Da alcuni anni è nato un sodalizio con il Dott. Gianleo Berardinelli di NutriEffect, un rapporto intimo con il quale condivido quotidianamente passioni e vita vissuta, studio e ricerca, amicizia e scambio di idee innovative. Attualmente stiamo lavorando ad un progetto legato al mondo della Nutraceutica 2.0. L’ambizione non è solo quella di portare avanti un lavoro volto alla conoscenza in toto delle materie prime, ma anche di poter erudire più persone possibili, addette ai lavori e non, alla comprensione dell’importanza dell’olio extravergine di oliva soprattutto in cottura. La nostra mission è educare a mangiare per nutrirsi con consapevolezza, considerando l’effetto del cibo e non il computo calorico che, condannerebbe l’utilizzo dell’olio, per una teoria legata alle leggi della termodinamica, che non ha nessuna valenza con la realtà della biochimica. Ciò che promuoviamo è un approccio al cibo completamente differente dal modo in cui siamo stati erroneamente abituati finora, con l’obiettivo di partire e far risaltare la materia prima tutelandone le proprietà organolettiche, attraverso l’uso consapevole di olio.

Inoltre, stiamo virando in modo netto verso l’abbandono del sale e degli zuccheri aggiunti, per ambire al ritorno del principio base di Ippocrate “fa che il Cibo sia la tua Medicina e che la Medicina sia il tuo Cibo.

Ci dici quali sono il tuo vino e il tuo olio del cuore?

Tutti i prodotti che seleziono appartengono alla mia intimità. Vivo emozioni molteplici e intense e le connotazioni delle stesse, mi portano a prediligere alcuni prodotti in determinati periodi della mia storia. In questo momento sono innamorato del Prof. Raffaello Annichiarico e dei suoi vini profumati, delicati, ammalianti, avvolgenti ed instancabili. Connotazioni che rispecchiano a pieno la sua personalità.

Per ciò che concerne l’olio, L’Ogliarola di Oro Di Rufolo quest’anno ha solleticato le mie fantasie. Un olio fuori dalle righe, non convenzionale, dai sentori forti, con una fluidità ed una opulenza indescrivibili. Sgarbato, non equilibrato, sfacciatamente infinito. Nella mia carriera di assaggiatore è il primo anno che riscontro tanta voluttuosità da questa interessante e sottovalutata Varietà.