Fabrizio Bertucci e il suo amore per l’oro verde

di Antonio Stanzione

Fabrizio Bertucci è da sempre appassionato di cucina e di tutto ciò che ruota intorno ad essa, tuttavia, il suo percorso personale e professionale gli consentono di dedicarsi alla sua grande passione relativamente tardi. La sua è una bella ed intrigante storia, che parte dalla passione per il cibo, ma soprattutto dal rispetto e dall’amore verso il prossimo; a Fabrizio Bertucci non piace porre l’accento sul suo impegno in ambito sociale, ma è doveroso sottolineare la sua attenzione verso gli altri, verso chi ha bisogno, anche attraverso l’organizzazione  di eventi a fini puramente benefici.

Ti avvicini relativamente tardi alla cucina, cos’è che ha fatto scattare in te la scintilla?

Hai ragione Antonio, ho 57 anni e, pur avendo sempre cucinato per tutti, provengo da percorsi professionali ed imprenditoriali di altro genere. Soltanto dieci anni fa la mia passione per la cucina è diventata concretamente una professione.

Cercata, sudata, bramata.

E come in tutte le favole, al di là dell’imprescindibile impegno quotidiano personale profuso, ci sono gli incontri. Da ragazzino insieme con con i miei genitori, in casa avevo nonna e bisnonna da parte di mamma. Romane. Cuoche eccellenti e depositarie di quella tradizione di cucina popolare ed economica, che quando ti entra nelle ossa deve uscirne, o in purezza o sotto forma di rivisitazione in chiave moderna ma senza sconvolgimenti. Da loro ho appreso le basi.

Poi l’incontro importante. La scintilla, come dicevi. Un mio amico che non vedevo da tempo, con il quale abbiamo fondato FoodBrothers, Catering, Chef e Sommelier a domicilio. Divertimento puro. Un punto di partenza.

Da lì, si sono vorticosamente susseguiti studio ed approfondimento, Gambero Rosso, Sommelier dell’olio FIS, Euro-Toques Italia, consulenze, corsi da docente,  servizi, stagioni in brigata, la collaborazione con Alice TV e le riviste di settore, rapporti con i produttori di eccellenze, eventi gomito a gomito con Chef importanti.

Nel corso degli anni ti sei specializzato nell’utilizzo e soprattutto nella degustazione dell’olio evo. Perchè?

Un viaggio senza ritorno.

Mi spiego. Quando ti guidano nell’apprendere le qualità dell’olio extravergine di oliva vero, ed alleni i sensi a goderne, ti garantisco che non puoi più tornare indietro, e ti vien soltanto voglia di divulgare al consumatore ignaro le storie di agricoltori, di territorio,  di cultivar, di polifenoli, di proprietà benefiche, di sapori. Oggi nelle mie Evo Experience propongo agli ospiti tre oli italiani di qualità, un fruttato leggero, uno medio ed uno intenso, guidandoli nei riconoscimenti organolettici. Poi, a sorpresa, ripropongo quello del supermercato. Devi vedere i volti delle persone…

Sarebbe facile intuire che l’olio evo, appunto, è per te l’ingrediente più importante in cucina, è proprio così?

“Parte tutto da lì…” citando un mio maestro. Lo uso per le cotture dei cibi, ovviamente rispettandone le caratteristiche.

A crudo abbinandolo ai miei piatti,  con l’intento di esaltarne il sapore, senza prevaricarlo.

E lo uso in pasticceria, sostituendolo a grassi animali dove possibile.

Ci racconti l’esperienza che ti ha segnato di piu’?

Apollo Club, Milano navigli, qualche anno fa.

Venti e più chef in brigata per una cena di gala con ospiti importanti. Il ricavato ad una Onlus che stava per essere sfrattata dalla propria sede. Persone meravigliose che si occupano di ragazzi affetti da sindrome di Down, con i quali abbiamo condiviso la serata tra cucina e sala , credimi, è molto di più ciò che abbiamo ricevuto in confronto a quello che abbiamo dato.

Non finirò mai di ringraziare gli organizzatori per aver avermi regalato il privilegio di esserci.

Qual è il piatto che più ti rappresenta?

Rispetto della materia prima. Terra, mare. Semplicità. Queste linguine in clorofilla di spinaci con astice al vapore ed il suo corallo.

Cosa pensi dei prodotti biologici?

Un gran bel percorso. Già iniziato. E perfezionabile quotidianamente  con l’impegno di tutti, produttori, divulgatori e consumatori, al fine di ottenere prodotti sostenibili e rispettare la terra dalla quale provengono.

Regalaci un aneddoto simpatico legato alla tua carriera.

La mia prima maestra, la mia bisnonna Maria.

Ero sempre attaccato alla sua gamba mentre cucinava, perche’ sapevo che ogni tre secondi mi faceva provare qualcosa, aggiungendo “Assaggia..” , tanto che io credevo fosse il mio nome.

Il  primo giorno di scuola mia mamma preoccupata  mi disse “ Guarda che se ti chiamano Fabrizio devi rispondere. Ti chiami cosi..”.

Ci racconti il sogno nel cassetto

E’ semplice.

Un concept, come dicono quelli bravi, che sia crocevia e punto di incontro tra produttori, ospiti, cuochi e sommelier.

Una sorta di Factory di Warholiana memoria nella quale l’enogastronomia fa cultura, divertendo.

E, come tu sai bene, la distanza tra il sogno e la realtà si chiama azione…e  ci stiamo gia’ lavorando.

Fabrizio Bertucci