Emiliano Falsini

di Gea Calì

Emiliano Falsini un enologo errante con il cuore in terra d’Arno

Nato a Capraia e Limite, piccolo comune alle porte di Firenze, incastonato tra le verdi colline toscane e l’Arno, Emiliano Falsini è cresciuto maturando una profonda relazione con la campagna e le sue tradizioni, divenute parte integrante della sua scelta di vita quotidiana.

Dopo il Diploma di Perito Agrario arriva la laurea in Viticoltura ed Enologia all’Università di Firenze, alla quale segue la partecipazione a corsi di perfezionamento presso la Facoltà di Enologia di Bordeaux. Negli anni successivi, sempre spinto da una forte curiosità e dal desiderio di conoscenza e confronto, inizia a visitare altre regioni vitivinicole in giro per il Mondo. California, Nuova Zelanda e Argentina, hanno arricchito il suo bagaglio culturale ed enologico, ma soprattutto ne hanno affinato gli aspetti tecnici e di degustazione.

Oggi vanta importanti collaborazioni con aziende dislocate in diverse regioni italiane, che gli hanno permesso di acquisire un’ampia e significativa panoramica sull’evoluzione del mondo enologico nazionale.

Cosa ha significato per te intraprendere la carriera professionale in una realtà come il Gruppo Matura?

E’ stato sicuramente un punto di partenza importante, ho avuto la possibilità di iniziare un percorso di crescita e conoscenza professionale circondato da professionisti importanti come Attilio Pagli e Alberto Antonini. Questo sicuramente ha reso il mio percorso stimolante e interessante fin dall’inizio.

Qual è stata la sfida professionale più difficile che hai dovuto affrontare?

Tutte le sfide sono difficili perché quando lavori con un prodotto importante come il vino, dove la natura gioca un ruolo fondamentale, le difficoltà sono all’ordine del giorno ed è questo che rende il nostro lavoro affascinante, stimolante e bellissimo.

Qual è la capacità principale che un Enologo deve avere per riuscire ad interpretare territori differenti?

Credo che l’enologo che voglia interpretare al meglio il territorio e il vitigno deve porsi con il massimo rispetto e in punta di piedi al servizio del produttore e del territorio stesso, cercando attraverso la sensibilità e le conoscenze acquisite nel corso degli anni, di interpretare nel migliore dei modi ciò che ogni luogo può offrire.

Cosa pensi dell’agricoltura biologica?

Penso che sia un modo interessante di fare agricoltura. Dopo decenni in cui il rispetto per l’ambiente era passato un po’ in secondo piano, sicuramente negli ultimi anni si è assistito ad una sempre maggiore sensibilità da parte dei produttori e dei consumatori sul tema del biologico e questo non può che essere positivo.

E di quella biodinamica?

Ci sono alcuni aspetti molto interessanti ed altri in cui devi fare un atto di fede e crederci. Io per natura non sono dogmatico ed essendo aperto credo che anche in agricoltura biodinamica esistono alcune pratiche stimolanti e che permettono di produrre meglio e più sano.

A proposito di “I Suoli”, raccontaci cosa ti ha spinto a scegliere l’Etna come areale per il tuo nuovo progetto enologico.

Ci sono luoghi che hanno un magnetismo particolare e chi ama il vino in senso più ampio del termine non può non amare l’Etna.
Per me è stato amore a prima vista e dal lontano 2004 avevo desiderato di fare questo passo, ma fino a poco tempo fa non ero pronto per una scelta così importante. Oggi dopo molti anni di lavoro come consulente enologico, penso di avere la giusta maturità per poter affrontare una scelta così importante e produrre vino in un territorio evocativo e altamente vocato come l’Etna. Produrre vino sul vulcano attivo più alto d’Europa significa produrre vini che hanno un carattere unico, un’energia trascinante, una storia ed un legame con il territorio fortissimo, inoltre non ultimo, i vini che si possono produrre sul vulcano hanno una qualità che negli ultimi anni è cresciuta in maniera esponenziale e che mi ha spinto, nonostante le mie radici toscane, a questa scelta.

Ci racconti un aneddoto simpatico legato alla tua carriera?

Di aneddoti simpatici ce ne sono molti perché il vino è anche convivialità e condivisione. Spesso gli episodi in cui condivido momenti di relax anche con amici produttori sono molto simpatici. Poi ci sono episodi tragicomici come quando un cantiniere ha sbagliato numero del contenitore e durante i travasi in cantina ha unito il vino migliore dell’azienda con il vino destinato allo sfuso…. è uscito un vino sfuso buonissimo che ancora in paese se lo ricordano, del cantiniere però ne ho perso le tracce….

Non ti chiederò qual è il vino migliore che hai fatto, ma qual è il vino migliore che farai?

Spero di fare non solo un vino, ma tanti vini, in giro per i fantastici territori del vino italiano, nettari che parlino di territorio, eleganti e di carattere che non siano mai banali e soprattutto che siano capaci di rendere felici le persone che avranno il piacere di berli; personalmente ho il dovere di credere che possiamo e dobbiamo fare vini sempre più buoni, questo è il mio augurio più sincero per il futuro.

Ringraziamo Emiliano Falsini il nostro ospite del giorno