Nessuno vuole essere Robin

di Leandro Gullino

Nessuno vuole essere Robin, il difficile ruolo della sala

Nessuno vuole essere Robin, cantava Cesare Cremonini, qualche anno fa, riferendosi alla celebre (ma non troppo) spalla di Batman. Il testo di Cesare Cremonini verteva sul fatto che: in un mondo sempre più pieno di “prime donne” nessuno ama e vuole più essere il comprimario. Il Ruolo di Robin della ristorazione italiana è stato assegnato alla Sala.

La problematica che nasce da questa assegnazione è duplice. Da una parte il “nessuno vuole essere Robin” porta ad uno svuotamento delle classi alberghiere di sala e bar, che quindi si traduce in mancanza di bacino di talenti da cui attingere e di amore da destinare a questo settore. Dall’altro lato è lecito chiedersi se davvero la Sala è “solo” Robin.

Sala

Con quest’ultimo anno di pandemia, che, ci ha fatto mangiare sempre più asporti, ma che, ci ha fatto vivere sempre meno esperienze; abbiamo capito che: sedersi al ristorante non è solo mangiare, e che, comunque, la qualità del nostro “mangiare” cambia dal tipo di ospitalità e comunicazione che ne seguono. Un piatto consigliato, servito e raccontato nel modo giusto può far svoltare la nostra esperienza al ristorante. Per non parlare neanche di quanto sia importante abbinare tutto questo la giusta bevanda. Accogliere, capire l’interlocutore , avere una comunicazione personalizzata, consigliarlo, raccontare e abbinare le bevande al cibo  sono solo alcuni dei “super poteri” degli uomini di sala.

Con certezza si può affermare che Robin non avesse neppure un super potere. Purtroppo, da qualche anno a questa parte, la comunicazione del settore ristorazione/alberghiero ha dimenticato di sottolineare l’importanza del lavoro di chi “mette la faccia”, le proprie abilità e i propri studi al servizio degli ospiti. Purtroppo abbiamo smesso di notare i super poteri degli uomini di sala e li abbiamo relegati al ruolo di Robin e quindi, come cantava Cesare Cremonini, “in questo mondo di eroi, nessuno vuole essere Robin”.