di Roberto Guarino
Declinazioni di Fiano di Avellino in verticale, nelle sue espressioni più buone. E’ il succo ed il frutto della degustazione delle annate 2019, 2018, 2017 e 2016 del Fiano di Avellino DOCG di Case d’Alto al Vinitaly 2023. Le referenze sono state magistralmente presentate ad un pubblico numeroso ed interessato da Simone Feoli, coordinatore regionale di Campania, Molise e Puglia di Guida Bio, nonchè docente ONAV, nel padiglione Irpinia Consorzio Tutela Vini. Bianchi protagonisti del racconto e della filosofia del suo produttore, l’eclettico Claudio De Luca, sperimentatore a tutto tondo di un mondo, quello dei bianchi longevi, più in essere che in divenire. Tanto più se parliamo di Irpinia.
Nell’anno del ventennale della sua DOCG (2003-2023) ed a tre anni dal decreto che apporta “modifiche ordinarie al disciplinare di produzione della denominazione di origine controllata e garantita dei vini Fiano di Avellino” che ne autorizza e consente la menzione “riserva”, l’assaggio di questi calici in prospettiva é stato accademico e sorprendente. Un viaggio indietro nel tempo che ha sottolineato come un lavoro attento e lungimirante sul Fiano di Avellino possa regalare assaggi unici ed originali, in cui le caratteristiche organolettiche si sovvertono e, paradossalmente, l’annata più vecchia regala gli aspetti sensoriali più giovani. Naturalmente non é sempre così, ma in questo caso le note di degustazione sembrano essere andate a rovescio, tanto da premiare il vino nel tempo, mentre le bottiglie cambiano forma e colore dando alla storia di questo prodotto un identikit ricercato e tutto suo.
La degustazione
La 2019, nella sua veste trasparente, si mostra al calice giallo paglierino con leggeri riflessi dorati. Al naso prevalgono i fiori, le erbe e le note fruttate di pera matura. Ottimo in equilibrio e struttura, in un sorso che regala ritorni di frutta candita.
L’annata 2018 riposa in una bottiglia scura e si manifesta in un giallo paglierino pieno, con prevalenze al naso di acacia ed agrumi. Intenso sia all’olfatto che in bocca, con buona acidità e persistenza.
La 2017 mette in mostra un prodotto giallo paglierino luminoso, ma i riflessi sono (udite udite!) verdolini. Il naso lascia spazio alle erbe da cucina (salvia e rosmarino) ed a sentori balsamici che ritornano al gustativo.
Sorprendente nella sua bottiglia “vintage” l’annata 2016. L’unica a non aver fatto un breve passaggio in legno. Il vino é di colore verdolino (avete letto bene!). Un manifesto degli anni che passano al contrario, come nel film del 2008 (guarda caso annata della prima vendemmia di Case d’Alto) “Il curioso caso di Benjamin Button”. I sentori vegetali e di fiori bianchi lasciano alla bocca intensità ed eleganza. Un assaggio che lascia davvero senza fiato.
Il segreto? Seguire le caratteristiche del vitigno, senza snaturarlo. E’ quello che mi racconta Claudio De Luca, nelle sue parole appassionate e sognanti. L’Irpinia ha terreni con connotazioni uniche ed una storia importante di viticoltura. Si lega alla produzione di grandi uve la tradizione del buon vino. Le scelte di qualità, in questo posto così vocato, vengono naturali.
Case d’Alto ha una storia nuova da un vecchio costume. Nella prima raccolta (la sopracitata 2008) della sua esperienza moderna ha “interpretato” un aglianico da viti ultracentenarie. Il resto del racconto é un romanzo di famiglia che trova oggi la sua affermazione sul mercato nazionale ed internazionale. Nel frattempo la certificazione in biologico, i riconoscimenti alle scelte di qualità anche sull’olio, la produzione di vini territoriali o scommesse vinte, sempre con uno sguardo al futuro. Come nel “Macerato”: un Orange wine da uve Fiano non filtrato. Prodotto che va letteralmente a ruba. Dimostrazione che le scelte sostenibili in azienda possono non solo premiare, ma diventare un vero manifesto di merito.
Il Vinitaly 2023 ha così lasciato molti spunti di lettura per l’Irpinia del vino. Oltre alla tanta guadagnata partecipazione c’é l’attestazione di una qualità in realtà da tempo ormai ri-conosciuta. In questo contesto c’é la riuscita di progetti che portano il Biologico non solo in etichetta, ma come disegno di buone prassi di lavoro (da disciplinare sono ammesse soltanto le pratiche leali). Il nostro futuro non può prescindere da questa scelta di rispetto nei confronti dell’ambiente e dei consumatori.