Da Francesco Su, Mario Boni e Gen Nishimura

di Laura Angelica Ferraro

Da Francesco Su, il bistrot al centro di Roma che strizza l’occhio alla modernità e alla cucina giapponese in una rincorsa tra tradizioni e contaminazioni

Un sottile fil rouge lega Parigi e New York e si incontra a Roma, nel bistrot Da Francesco Su, dove, tra i vicoli animati che incrociano piazza del Fico e via del Governo Vecchio, è nato e cresciuto lo chef Mario Boni, terza generazione dello storico ristorante “Da Francesco”.

La gestione della cucina del bistrot è stata affidata a due giovani talentuosi cuochi. Il primo, Mario nipote dei fondatori del ristorante Da Francesco, che fin dall’età di 5 anni seguiva la famiglia tra i fornelli della cucina e “capava” (in dialetto romanesco mondare in italiano) le patate e le verdure.

Il secondo, Gen Nishimura, chef giapponese da qualche anno in Italia, da sempre amante e conoscitore della cucina italiana. Da un incontro casuale, il connubio tra i due chef: qui la creatività è libera di fluire, di contaminarsi, di evolversi, mantenendo sempre la linea della tradizione.

Curiosi di capire, abbiamo incontrato lo chef Mario Boni che ci ha raccontato la filosofia del suo progetto.

Francesco Su

Francesco Su

Perché la scelta del Bistrot?

L’idea è nata per dare la possibilità ai clienti di sperimentare con tranquillità e degustare piatti della tradizione romana con la contaminazione e il confronto della cultura gastronomica giapponese di Gen. Si parla di umami, di profondità, di persistenza, di nuove tecniche, riuscendo a creare abbinamenti più interessanti. Per esempio l’amatriciana, fatta con la ventresca di tonno sfumata con aceto balsamico tradizionale di Modena, che dà una nota dolciastra al piatto, oppure l’animella, piatto povero della tradizione che fa parte del quinto quarto, già piatto gourmet diventa ancora più persistente aggiungendo un fondo glassato.

Puntiamo anche sulle tapas, proponendo il classico maritozzo con il polpo, quindi a tutto mare o il maritozzo con la coda alla vaccinara nel rispetto della più antica tradizione romana. Non stravolgere ma stimolarsi assieme a Gen per trasmettere la passione nel piatto.

Gen Nishimura, uno chef giapponese con la tradizione romana

Sono da sempre stato affascinato dalla cucina orientale, per il loro maniacale rispetto della materia prima, la cura e passione nell’utilizzo dei prodotti senza alcuno spreco, la precisione nei tagli e la metodicità.

L’incontro è stato del tutto casuale, tramite un tassista. Gen adora la cucina italiana, nella sua giacca da chef ha ricamata sia la bandiera giapponese che quella italiana. Ha studiato in Giappone dove la cucina ha chiare influenze francesi.

Un esempio dell’importanza della contaminazione? Gen al posto della soia usa la colatura di alici, al posto dello zenzero predilige il rafano. Tende a rispettare gli ingredienti tipici italiani compensando forse le mie idee più azzardate.

La scelta di ingredienti bio nella vostra cucina e cosa intendete per rispetto del territorio?

Il rispetto è per chi lavora con fatica il territorio, rivalutando il terreno. Le nostre scelte ricadono su materie prime a Km 0, grazie anche alla particolare storia e tradizione di questo locale. I produttori da sempre passano direttamente qui a presentarci i loro prodotti, per esempio nel periodo dei carciofi romaneschi, il contadino di Cerveteri con la sua auto carica, ci consegna il suo prezioso raccolto.

Tra i nostri “must” c’è la scelta dell’uovo bio, ingrediente principe nella nostra cucina, ed è per questo che è nata la collaborazione con Arianna Vulpiani “un uovo è quello che mangia una gallina, un uovo eccellente è dato da un’alimentazione eccellente… senza compromessi!”.

Raccontaci un piatto che ti rappresenta.

Io ho imparato a cucinare anche osservando e soprattutto mangiando, il piatto che più mi rappresenta e che vorrei far assaggiare a tutti è l’Amatriciana: al bistrot Da Francesco Su lo prepariamo con spaghettone del pastificio Mancini, guanciale di Ariccia, Pecorino Romano DOP a km 0.

Amatriciana

Amatriciana

Cosa pensate dei vini biologici, li avete in carta?

Abbiamo in carta vini biologici e biodinamici, li reputiamo divertenti, siamo alla continua ricerca, con i nostri sommelier Federico Esposito e Flavio Giannini, di originalità, di piccole aziende e gioielli della nostra regione. La novità spesso ci stimola a trovare i giusti abbinamenti.

Come hai vissuto la pandemia e come l’hai affrontata?

La pandemia purtroppo ha creato disagio e incertezza per tutti. Io personalmente ho vissuto una sorta di rinascita. Ho sperimentato molto, divertendomi in cucina ampliando il mio ricettario, disegnando su un foglio le mie creazioni per poi riportarle nel piatto. Inevitabile la direzione a senso unico puntando sempre più sulla qualità e sul territorio.

Nel bistrot Da Francesco Su, il concetto che ho in testa è un laboratorio di sperimentazione dove la mia cucina è definita “Lab”: linea, amore e brio.

Il bistrot Da Francesco Su, sposa linee pulite e contemporanee, strizza l’occhio ai raffinati bistrot parigini dove si può sorseggiare solo un caffè o bere un calice di vino, durante la giornata o ancora gustare un piatto. Che la qualità sia una filosofia alla base del locale lo si capisce appena varcata la porta, quando il cliente si trova in un primo spazio, dedicato alla scelta del pesce degno di una qualsiasi capitale europea.