Vincenzo Mercurio

di Antonio Stanzione

Vincenzo Mercurio e il suo inedito profilo

Vincenzo Mercurio, nato a Castellammare di Stabia e formatosi accademicamente presso la Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, che ha sede nella prestigiosa Reggia di Portici, è certamente tra gli enologi italiani più stimati. Da sempre, ha puntato senza riserve ad un modello green ed ecosostenibile di viticoltura. Enologo e Winemaker di grande esperienza ed indiscusse capacità, Vincenzo Mercurio si definisce un inguaribile ottimista che ama il suo lavoro.

Nel 2015 realizza un nuovo ed ambizioso progetto, “Le Ali di Mercurio”, sviluppando servizi per l’enologia, da cui prende vita “Le Ali in Fiera”, la cui mission ricade nell’organizzazione e la partecipazione alle più importanti fiere internazionali dedicate al mondo del vino.

Come se non bastasse Vincenzo Mercurio continua a creare servizi e per le imprese del mondo del vino e per tutti coloro che vogliono avvicinarsi a questo meraviglioso comparto, così nel 2016 da vita alla Mercurio Wine Academy, con l’intento di fornire contenuti teorici e pratici a coloro che sono il cuore pulsante delle aziende vinicole, i cantinieri.

Noi di Guida Bio abbiamo voluto intervistarlo, sperando di regalarvi un profilo inedito di Vincenzo Mercurio.

Quando e da dove nasce la passione per il tuo lavoro?

Credo che le basi siano legate alla mia infanzia passata alle falde del Vesuvio, a mio nonno Vincenzo e alla mia famiglia; li ci sono senza dubbio le tracce su cui si è innestata la mia passione.

Decisive alcune tappe successive come quella dell’università, quando iniziai a frequentare la Facoltà di Agraria ed il laboratorio del professore Luigi Moio, per la mia tesi sperimentale sugli aromi dei vini bianchi Campani (Fiano di Avellino, Greco di Tufo e Falanghina), le degustazioni con mia moglie Rossella, poi le micro vinificazioni, le passeggiate in vigna, i viaggi e la permanenza in Francia, l’incontro con il professore Denis Dubourdieu.

Le Ali di Mercurio

Qual è la persona che ti ha dato di più professionalmente parlando?

Più che di persona parlerei di persone.

Ho avuto la fortuna di incontrare molte persone autorevoli, carismatiche e brillanti che mi hanno ispirato e trasmesso la passione per questo mondo, soprattutto la forza di superare le difficoltà che ogni professione presenta. Ognuno ha lasciato nella mia mente delle frasi che ritornano spesso nei miei pensieri, come un mantra che mi aiuta ad interpretare le numerose sfide che nel quotidiano si presentano.

Qual è il territorio al quale ti senti più legato da un punto di vista professionale?

La terra che ho conosciuto da piccolissimo in compagnia di mio nonno Vincenzo, è stata quella nera del vulcano Vesuvio.

In quella terra, dall’odore di zolfo, giocavo tra sabbie e roccia lavica, e oramai fa parte della mia memoria olfattiva ed affettiva.

E’ un luogo dell’anima, mi appartiene, lì ci sono le mie origini.

Da quando ho iniziato a girare per la mia professione sono stato “adottato” da altri fantastici luoghi, terroir unici, tra questi senza dubbio l’Irpinia, un luogo che ritengo di conoscere molto bene.

Cosa pensi dell’agricoltura biologica?

E’ fondamentale, rispettare la natura per essere ricambiati con lo stesso rispetto.

Credo che la cultura del Bio sia sempre stata imprescindibile, ma dico a tutti di fare attenzione nell’ essere coerenti.

Per quanto mi riguarda il bio esiste solo se vengono create tutte le condizioni per integrarsi e convivere con la natura in armonia, per intenderci il bio non è solo un protocollo o peggio una ricetta, ma un modo di vivere, una cultura, una filosofia di vita.

E di quella biodinamica?

Condivido molti principi della biodinamica, tutti quelli volti all’utilizzo di sostanze naturali, al rispetto della biodiversità, tuttavia ritengo che esistano delle “derive” modaiole che non mi convincono appieno, e che rischiano di allontanare i consumatori piuttosto che avvicinarli a questo mondo.

Mi piacciono invece quelle aziende biodinamiche che riescono a formare un ciclo chiuso aziendale producendosi tutto quanto necessario.

Qual è stata la sfida professionale più difficile che hai dovuto affrontare?

Convincere i denigratori del Bio, quelli che: “il bio non esite. questa storia è BIOILLOGICA, sono chiacchiere i fitofarmaci sono innocui per la salute umana e degli organismi, nessuno fa veramente il bio, il diserbante è indispensabile se vuoi coltivare una vigna.” Che sfida difficile! Finora ci sono sempre riuscito, ho convinto i denigratori, ma mi sono dovuto battere molto ed è stato a volte faticosissimo.

Ci racconti un aneddoto simpatico legato alla tua carriera?

Molti anni fa ero seduto ad un tavolo di una giuria e degustavamo campioni da giudicare ovviamente coperti e quindi non conoscevamo i produttori ed il vino, alla fine della batteria di 24 campioni, tra giurati iniziammo a scambiarci dei pareri, 2 produttori in giuria sostenevano di aver sentito un vino stupendo a cui avevano assegnato il massimo punteggio e chiesero agli organizzatori di conoscere, dopo aver consegnato le schede, il nome del produttore, una volta saputo chiesero chi fosse il loro consulente, un certo Vincenzo Mercurio, cercarono in rete notizie a riguardo, le trovarono. Io arrossii, loro non mi conoscevano ed iniziarono a parlare di me, volevo presentarmi subito ma per timidezza ritardai un attimo, loro continuarono a tessere le lodi sul lavoro di questo tale Mercurio, ne avevano sentito parlare benissimo. Provai un’emozione particolare. Restai ad ascoltare e più passava il tempo e più pensai che fosse troppo tardi per presentarmi, e non lo feci, che timido che ero! Adesso mi sarei comportato diversamente, ma ero molto giovane.

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