Peppe Stanzione, un destino da stellato

di Antonio Stanzione

Peppe Stanzione è nato nel 1978 a Nocera Inferiore, un comune dell’Agro Nocerino-Sarnese, in provincia di Salerno. In questa zona, più precisamente a Pagani, è cresciuto e si è formato, muovendo i primi passi nella cucina domestica, come lui stesso ci ha confidato, e facendo un dispetto a destra e uno a manca alla mamma e alla nonna.

Dopo aver conseguito il diploma alla Scuola Alberghiera di Nocera Inferiore comincia il suo percorso formativo nelle cucine di mezzo mondo, dalla California all’Asia, passando per l’Australia per poi tornare in Europa e, infine, in Italia. Proprio nel Bel Paese comincia la sua scalata agli astri, nelle cucine professionali di diversi chef stellati. Dal 2008 Peppe Stanzione decide che è giunto il momento di cimentarsi in prima persona con le stelle, quelle vere, così in quell’anno, assume il comando della cucina di Casa del Nonno 13 a Mercato San Severino, in provincia di Salerno. Sempre nello stesso anno si aggiudica la sua prima Stella Michelin: un club esclusivo che lo vedrà sempre presente. Oggi Giuseppe è lo Chef del Ristorante “Glicine” dell’Hotel Santa Caterina di Amalfi.

A livello professionale qual è la persona alla quale devi di più e perché?

È un mio carissimo amico, Alfonso Pepe, mio attuale collega ed executive chef della Locanda “Leon d’oro” di Pralboino (BR). Per me è un fratello di vita a cui sono molto legato e con il quale ho condiviso gran parte della mia infanzia e una buona parte delle mie esperienze professionali, fino al momento in cui poi, le nostre strade si sono divise seguendo percorsi diversi.

Gli devo tanto perché come capita spesso, il mio inizio nel campo professionale non è stato dei più felici, tanto da farmi quasi rinunciare e pensare di cambiare seriamente il mio percorso, ma lui ha saputo coinvolgermi emotivamente, in una sana competizione tra fratelli, riuscendo a farmi concepire il lavoro non solo come tale, ma come un vero e proprio stile di vita, combinato con divertimento e la condivisione oltre che al sacrificio, indirizzandomi così ed inserendomi nella ristorazione di alto livello. Mi ha fatto concepire il mio lavoro in un modo diverso rispetto a quello che avevo fatto fino ad allora; è stato per me il punto di riferimento fondamentale per la mia ripartenza con stimoli e obbiettivi nuovi.

Quale esperienza lavorativa, in Italia, ti ha segnato di più?

Tutte mi hanno lasciato un segno ma quella che mi ha più fatto crescere è stata sicuramente la mia prima esperienza importante nel 1998 presso il Convivio Troiani a Roma, dove ho cambiato la mia visione di cucina e ho acquisito conoscenza, disciplina e determinazione.

Ci racconti un aneddoto simpatico legato al tuo lavoro?

Ricordo sempre con molto piacere uno dei miei vecchi maestri, se non il più vecchio, Giuseppe Angrisani. Ritornando al periodo della scuola alberghiera era anche il mio insegnante di cucina, uno di quelli di altri tempi, imponenti e severi; ogni qualvolta gli chiedevo o mi occorreva qualcosa che non trovavo, magari semplicemente non era a portata di mano e mi vedeva in difficoltà, mi ripeteva: sbrigati in cucina, quello che non c’è non serve, per lui, quello era un semplice modo per responsabilizzarti, incoraggiarti e motivarti a trovare un’alternativa, un diversivo e farti capire quanto è importante in cucina la conoscenza, la dinamicità e l’elasticità mentale.

In quel modo mi stava comunicando che dovevo arrangiarmi, trovare una soluzione più velocemente possibile, per portare a termine il lavoro. Di quella frase ne ho fatto tesoro e ne ho tratto insegnamento, ancora oggi mi capita spesso di ripeterla ai miei ragazzi e mi diverte ancora pensare a quanto tempo è passato e a quanto sia ancora attuale e vero quel concetto applicato al nostro lavoro.

Il piatto che più ti rappresenta

Ce ne sarebbero diversi, ma se devo citarne uno su tutti, allora dico Bufala e lamponi, un dessert a cui sono molto affezionato, lo porto con me da più di 12 anni e ha sempre avuto riscontri molto positivi. Credo che rappresenti proprio il mio modo di essere: semplice, riconoscibile e diretto.

Qual è il tuo sogno nel cassetto?

Potremmo parlare al plurale, visto che il sogno nel cassetto a mio avviso non è mai lo stesso cambia con noi nel tempo, anche se, a volte, ci convinciamo che quello sia il sogno da perseguire per la vita, inevitabilmente ci accorgiamo che cambia in base alle situazioni che dobbiamo affrontare. In questo momento Il mio sogno nel cassetto è riuscire a fare qualcosa che possa garantire un futuro migliore ai nostri figli e alle generazioni che verranno.

Cosa pensi dell’agricoltura biologica e dei prodotti bio?

Potremmo parlarne per ore ma mi limito a dare una breve opinione sul tema, anche perché gran parte dei sostenitori attuali del green, del biologico e della sostenibilità, seguono solo la tendenza del momento, non la vivono come una scelta condivisa ma come un obbligo, una strada da seguire perché il mondo va in quella direzione e solo in quel senso si possono ottenere consensi e far parte del sistema. Oggi uno dei temi più attuali ed importanti è quello della sostenibilità ambientale, sociale ed economica.

L’agricoltura biologica è sicuramente un passo avanti sotto l’aspetto dell’impatto ambientale a differenza del metodo convenzionale, se considerata e attuata nel modo giusto. Come ben sappiamo ha un impatto positivo sull’ambiente, ma ha anche una resa inferiore in termini quantità a parità di suolo coltivato, un costo più elevato di produzione ed inevitabilmente un prezzo d’acquisto più alto, questo non sempre è giustificato da un risultato di qualità superiore o più salubre del convenzionale.

Venendo ai risultati da essa ottenuti è vero, che sono stati riscontrati effetti positivi sulla salute ma è anche vero che da diversi studi effettuati sui prodotti, in termini di qualità non sono state riscontrate differenze significative a livello nutrizionale e di salubrità. In ogni caso credo fermamente che il biologico come il biodinamico o l’integrato siano il futuro e che sia la strada da seguire, bisognerebbe investire e sostenere sempre di più in questo settore non fossilizzandoci su procedure apparentemente etiche, ma che siano effettivamente produttrici di benessere e sostenibilità, mettendo al centro dell’attenzione non gli interessi privati e personali ma quelli collettivi.

Solo in questo modo possiamo avere la possibilità futuro migliore per tutti, trovando il giusto equilibrio tra procedure, metodi, conoscenze tecniche, tecnologia e sapere, utilizzando sempre di più energie rinnovabili che portino alla realizzazione di un’agricoltura sana, buona e ragionevole, che salvaguardi la salute umana, l’ambiente e che sia anche socialmente ed economicamente sostenibile.

Ringraziamo Peppe Stanzione Chef del Ristorante “Glicine” dell’Hotel Santa Caterina di Amalfi