Giancarlo Perbellini, Chef imprenditore con un cuore da artigiano

di Gea Calì

Quella dello Chef Giancarlo Perbellini è sin dagli esordi una storia culinaria in continua evoluzione, dove il cuoco diventa un esploratore tra le diversità e le unicità gastronomiche delle tradizioni regionali del nostro paese. Un cuoco e un divulgatore, sempre in viaggio per il mondo attraverso un universo del gusto e della ricercatezza, sulle ali di quell’equilibrio che danza in perfetta armonia tra leggerezza ed estremo rigore. La sua indole creativa e inarrestabile lo porta a divenire, negli anni, uno dei massimi esempi di chef imprenditore nel panorama internazionale. La galassia Perbellini conta ben nove locali, tutti diversi tra loro; il ristorante stellato Casa Perbellini, la pizzeria Du de Cope, la Locanda Quattro Cuochi, il ristorante di pesce Al Capitan della Cittadella, la tapasseria Tapasotto, la pasticceria XDolce Locanda e il Giancarlo Perbellini Pop Up, a Verona. Nel 2018 nasce la Locanda Perbellini di Milano, il primo di una serie di bistrot a suo nome, e nel giugno 2020 si aprono le porte del bistrot Locanda Perbellini al Mare, sulla splendida spiaggia di Bovo Marina, in provincia di Agrigento, Sicilia.

Aver esplorato la cucina dello Chef Giancarlo Perbellini resta di fatto uno dei miei più grandi desideri divenuti realtà, ma senza dubbio un vero privilegio e un onore poter raccontare di lui e dei suoi progetti presenti e futuri. Ma conosciamo meglio Giancarlo Perbellini.

A livello professionale qual è la persona alla quale devi di più e perché?

La persona che mi ha dato di più è stato Valentino Mercattilii del San Domenico di Imola, perché ha segnato un cambio di passo nel mondo della ristorazione italiana. Con lui il San Domenico è diventato il primo ristorante gourmet del Paese, quando questa idea di ristorante ancora non esisteva. Valentino è stato un pioniere. Durante la mia esperienza al suo fianco ho capito cosa significasse davvero fare ristorazione, e ho avuto il piacere di lavorare insieme a grandi professionisti. Devo moltissimo anche allo chef francese Christian Morriset che mi ha trasmesso il rigore, la disciplina e la ricerca assidua della perfezione. E infine devo molto anche  a mio nonno Ernesto, che mi ha convinto a fare questo mestiere.

Quale esperienza lavorativa ti ha segnato di più?

Sicuramente gli anni trascorsi al “Chateau d’Esclimont” e a “La Terrasse” a Juan Les Pins, entrambi diretti dello chef Morriset ma con due approcci differenti. Al ristorante “La Terrasse” dell’Hotel Juana c’erano grandi aspettative, Morriset subentrava a Ducasse e l’obiettivo era mantenere le due Stelle (Michelin). Entrambe le esperienze mi hanno arricchito molto, sono entrato a contatto con un mondo diverso che mi ha accompagnato per la partenza del mio primo ristorante.

Quali sono i tuoi ingredienti preferiti nel creare piatti?

Anziché di ingredienti, preferisco parlare di stagioni perché nella mia cucina sono loro a ispirarmi per la creazione dei piatti. Confesso che tra tutte preferisco la  primavera, perché è il momento dell’esplosione del verde e rappresenta l’enfasi della freschezza dopo l’inverno caratterizzato da gusti molto pieni come il broccolo e la castagna.

Tradizione e innovazione: quanto sono importanti nella cucina di Giancarlo Perbellini?

Nella mia cucina si bilanciano, perché in termini di gusto nell’innovazione permane sempre un ricordo della tradizione, senza mai eccedere.

Quali sono le tre cose più importanti del tuo modo di fare cucina?

Alla base c’è l’ossessione per il gusto che è un mio mantra, e poi la fragranza della freschezza, detesto i piatti che non sono fatti al momento. Infine, la continua ricerca, che mi porta a rimettermi costantemente in discussione, ad esempio, proponendo una carta nuova ogni 60/70 giorni. Questo desiderio di sorprendere e continuare a sorprenderci ci tiene vivi, ci fa pensare ed evolvere.

Quali sono i piatti che hanno rappresentato maggiormente il tuo percorso professionale? E perché?

In 42 anni di lavoro ce ne sono stati tantissimi e continuano ad essercene. Il primo è “Colori e Sapori del mare”, un antipasto importante, realizzato con crudi e cotti. Negli anni in cui lo proponevo era un piatto davvero inusuale e inedito. Poi direi la rivisitazione del risotto con il tastasal e il risotto al maialino. E ovviamente su tutti c’è il Wafer al sesamo con tartare di branzino, che ancora adesso è il piatto principe a Casa Perbellini, lo considero come un figlio, lo propongo da oltre vent’anni ed è sempre attuale. Ma aggiungerei anche la Tartare di manzo con caprino, pomodoro, melanzana e brodo di pomodoro, i Ravioli al latte cagliato, con ricci di mare e tartufo. Ognuno di questi piatti ha rappresentato uno scalino e ogni volta che nasce qualcosa di interessante e che ci dà soddisfazione ecco che ne saliamo un altro, ancora adesso. Questi piatti e tanti altri, hanno segnato momenti importanti della mia vita, è come vederli fotografati in una ricetta. Alla pulizia del gusto ci sono arrivato tardi. Un tempo ero più per il mettere, oggi sono più per il togliere, per l’utilizzo di pochi ingredienti, e questo è sia frutto di un’evoluzione personale che dei tempi e di un modo diverso di stare a tavola. I clienti che vengono a Casa Perbellini arrivano con un’aspettativa e noi cerchiamo di renderli entusiasti attraverso una continua ricerca, sperimentando ed evolvendo la nostra idea di cucina.

Quale è il tuo piatto dei ricordi?

Sono due, il risotto al tastasal di mio nonno, che lo ultimava nel finale con un’abbondante spolverata di grana Padano e cannella, e il riso e patate di mia nonna, ricordo ancora la pellicina che si formava sopra al riso mantecato con il parmigiano e il tocco di pepe nero che amava aggiungere in chiusura.

Cosa pensi dell’agricoltura biologica e dei prodotti bio?

Penso sia importante per la preservazione dell’ecosistema, perché tutela la biodiversità agricola e prevede un modello di sviluppo più sostenibile. La mia cucina si basa sulla stagionalità proprio perché, come dicevo,  credo nell’importanza degli alimenti freschi, di verdura e frutta che crescono secondo logiche più naturali e con meno impatto sull’ambiente. Cerco di rifornirmi il più possibile di prodotti che arrivano da zone vicine. Ma il nostro è un Paese ricco di tipicità regionali e quindi in questo caso non ha senso parlare di prodotti a chilometro zero, ma di alimenti coltivati nel rispetto del ritmo della natura e, preciso anche dell’uomo che li raccoglie. Sono per la massima valorizzazione del bello e del buono di tutto il nostro territorio. Più che mai in fase di ripartenza è necessario riscoprire e salvaguardare la filiera agroalimentare che punta all’eccellenza. Trovo che gli alimenti biologici spesso hanno un sapore migliore perché coltivati in terreni che non vengono depauperati delle loro ricchezze organiche crescendo in un ambiente più equilibrato.

Ci racconti com’è nata l’idea della miniserie di video ricette sane e facili dedicate ai bambini?

Da diversi anni, insieme all’associazione Progetto mondo, vado nelle scuole a insegnare educazione alimentare ai bambini e, mi sono reso conto che, nella loro dieta mancano quasi del tutto la frutta e la verdura. E’ invece molto importante che fin da piccoli imparino ad assaggiare il più possibile per poter amare anche i cibi più difficili.  E’ un tema che mi sta molto a cuore e pensando a loro e alla situazione drammatica che hanno vissuto in quest’ultimo anno a causa della pandemia ho voluto realizzare una mini serie di video ricette semplici, veloci da replicare in famiglia per portare in tavola piatti stagionali e genuini. Sono ricette della memoria che ho rivisitato alleggerendo i grassi e gli zuccheri e riducendo i tempi di cottura per andare incontro alle esigenze delle mamme e dei papà. Dico sempre che  se è vero che per aprire un barattolo di crema spalmabile già confezionata e aprire il frigo o la dispensa si impiega lo stesso tempo, nel secondo caso riusciamo a controllare meglio l’alimentazione dei nostri figli. Certo, è molto più facile aprire un barattolo, ma fare con le proprie mani è senza dubbio più salutare e anche divertente se diventa un momento di condivisione tra genitori e figli.

Cosa consiglieresti ai giovani che si avvicinano alla professione di cuoco?

Penso che oggi chi vuole fare questo mestiere deve innanzitutto darsi tempo e capire che le basi sono il bagaglio essenziale di un cuoco. Per affinarle e padroneggiarle al meglio è fondamentale fare esperienza sia in ristoranti semplici che importanti. Ed è altrettanto importante fare un passaggio in qualche grande brigata per consolidare la propria formazione.

Sfide, progetti e sogni di Giancarlo Perbellini

A inizio maggio aprirò una nuova locanda sulle colline di Garda, si chiamerà “Locanda Perbellini – Ai Beati”. Il format è lo stesso delle mie Locande di Verona, Milano e Sicilia, dove proponiamo piatti della cucina regionale italiana rivisitati in chiave contemporanea, secondo la nostra visione. In questo caso, oltre ad alcuni must, introdurremo anche alcune proposte dedicate alla territorialità del Lago di Garda. Al mio fianco in questo nuova sfida imprenditoriale ci sarà Marco Cicchelli, mio ex collaboratore, che entra come socio e che si occuperà della gestione del locale, mentre a guidare la brigata in cucina sarà il giovane chef Michele Bosco, anche lui mio ex collaboratore.