Il ruolo della genetica agraria nell’agricoltura biologica

di Clizia Villano

Il ruolo della genetica agraria nell’agricoltura biologica

Nel corso di milioni di anni di esistenza, l’uomo ha affrontato una serie di eventi evolvendo nell’attuale civiltà moderna. Tra le pietre miliari di tale evoluzione vi è il passaggio da uno stile di vita nomade, di cacciatori-raccoglitori a uno stile di vita relativamente stabile, reso possibile solo dallo sviluppo e dall’adozione delle prime pratiche agricole (Thrall et al., 2010).

Questo cambiamento ha avuto importanti impatti, non solo sulla struttura sociale della civiltà umana, ma anche sull’ambiente circostante in tutta la sua biodiversità vegetale e animale. L’uomo ha infatti avviato un primordiale programma di miglioramento della genetica, domesticando le piante in favore di individui maggiormente adatti alle proprie necessità (resa, qualità) e ad affrontare le nuove sfide biotiche (nuovi patogeni) e abiotiche (cambiamenti climatici).

L’agricoltura subisce quindi anch’essa un’evoluzione, sino a far prendere forma alla moderna agricoltura convenzionale, in cui, per aumentare il potenziale di resa e per la protezione delle piante vengono utilizzati prodotti chimici come fertilizzanti e pesticidi. Tale approccio ha raddoppiato o triplicato la nostra produzione alimentare totale sostenendo bassi costi insieme a una maggiore disponibilità di cibo, ma ha anche creato una serie di rischi per la salute e deteriorato gravemente l’agroecosistema. Infatti, l’impatto negativo supera di gran lunga i benefici sociali.

Solo all’inizio del 1900 viene introdotto il concetto di agricoltura biologica ossia la messa a punto e l’uso di approcci più ecologici ed eco-compatibili, uno sforzo pionieristico per creare uno sviluppo sostenibile (Rawat 2021). Secondo i dati del 2018, l’agricoltura biologica è stata praticata in circa 71,5 milioni di ettari di 186 paesi e la sua popolarità è in continua crescita (Ramakrishnan et al., 2021). Le pratiche di agricoltura biologica sono basate principalmente sul minore o nullo uso di pesticidi e fertilizzanti sintetici, sul riciclaggio di scarti animali o agricoli, sulla minore lisciviazione di nitrati e altri inquinanti nei corpi idrici circostanti e sulla ridotta erosione del suolo (Ramakrishnan et al., 2021). Tra gli aspetti meno considerati nell’agricoltura biologica vi sono i metodi della genetica basati sull’uso di varietà coltivate (cultivar) parzialmente o totalmente resistenti a stress biotici e abiotici o mix di esse. Infatti si stima che oltre il 95% dell’agricoltura biologica sia basata su cultivar ottenute per l’agricoltura convenzionale e prive di tratti importanti richiesti in condizioni di produzione biologica (Le Campion et al., 2019).

L’uso di una varietà resistente sfrutta la biodiversità e la variabilità nella costituzione genetica dell’ospite per la resistenza contro un patogeno con un’applicazione minima di pesticidi atta alla dissipazione della pressione selettiva sul patogeno. L’ottenimento di cultivar resistenti e al contempo capaci di mantenere il loro potenziale enologico è una strategia lunga e complessa, specialmente in colture, come la vite. Infatti, un programma di miglioramento genetico classico può coprire anche 20 anni di studio dal primo incrocio al rilascio sul mercato. L’alternativa sono le miscele di cultivar, che possono fornire una variabilità funzionale limitando il sistema di espansione di patogeni e stabilizzando la resa. L’unico svantaggio è l’eterogeneità qualitativa del prodotto. Ciò rende inattuabile tale strategia nell’ambito della viticoltura e dell’enologia, dove l’uniformità del prodotto è sostanziale.

Quale strategia possiamo considerare per una viticoltura sostenibile? La risposta è sicuramente nel miglioramento genetico della vite visto in una chiave più moderna e innovativa, ossia basato sull’uso delle nuove biotecnologie. Ad oggi, sono disponibili diverse tecniche biotecnologiche che ci possono aiutare ad affrontare la sfida dei cambiamenti climatici, la crescita della popolazione e la diminuzione dell’uso di inquinanti nocivi per l’uomo e l’ambiente.
Tali tecniche saranno approfondite nel prossimo articolo.
A presto, miei lettori!

Thrall, P. H., Bever, J. D., & Burdon, J. J. (2010). Evolutionary change in agriculture: the past, present and future. Evolutionary Applications, 3(5-6), 405.

Le Campion, A.; Oury, F.-X.; Heumez, E.; Rolland, B. Conventional versus organic farming systems: Dissecting comparisons to improve cereal organic breeding strategies. Org. Agric. 201910, 63–74.

Rawat, L., Bisht, T. S., & Naithani, D. C. (2021). Plant Disease Management in Organic Farming System: Strategies and Challenges. In Emerging Trends in Plant Pathology (pp. 611-642). Springer, Singapore.

Ramakrishnan, B., Maddela, N. R., Venkateswarlu, K., & Megharaj, M. (2021). Organic farming: Does it contribute to contaminant-free produce and ensure food safety?. Science of The Total Environment, 145079.

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