Fabio Mecca un predestinato di-vino

di Antonio Stanzione

Fabio Mecca lucano di origine, è un uomo d’altri tempi, uno di quelli mossi dalla passione e dall’amore per il proprio lavoro e la propria terra d’origine. Laureatosi nel 2006 a Conegliano Veneto in Scienze e Tecnologie Viticole ed Enologiche, da subito comincia la sua collaborazione con diverse realtà vinicole nazionali e nell’anno successivo alla laurea torna nella sua terra natale, la Basilicata. Comincia così la sua collaborazione con la storica azienda lucana Paternoster che con l’arrivo di Fabio avvia nuovi progetti, come la costruzione della nuova cantina di Villa Rotondo, una sperimentazione sull’Aglianico del Vulture per preservarne il germoplasma viticolo e, infine, un esperimento sulle potenzialità del Sauvignon piantato sul Vulture.

“Fare vino è la mia vita, non saprei fare null’altro se non l’enologo; la mia è una famiglia di vignaioli che crede nel territorio, nel vino e nella terra ed io rappresento la Quarta Generazione”.

Conosciamo piu’ da vicino Fabio Mecca e vediamo cosa ha da raccontarci.

Quando e da dove nasce la passione per il tuo lavoro?

Sono certo che la passione di fare vino è nata con me, è quasi un istinto! Nasce perché è nel mio DNA, il mio bisnonno faceva vino, mio nonno faceva vino, mio zio fa vino e io faccio vino, ho avuto l’onore di viverli tutti e tre contemporaneamente e quel periodo ha rafforzato la mia grande passione.

Qual è la persona che ti ha dato di più professionalmente parlando?

Sucuramente penso a Roberto Cipresso; subito dopo la laurea mi ha arruolato nella sua truppa, in poco tempo sono diventato il consulente responsabile per le sue aziende del centro sud, a lui devo tanto per l’opportunità e per le esperienze che mi ha permesso di fare.

Lavori molto al centro-sud, scelta o opportunità?

Non pongo mai un limite di territorio, se mi dovesse chiamare un’azienda del nord ci andrei tranquillamente e con grande entusiasmo, forse lavorare al centro sud è una scelta legata al fatto che ho avuto l’opportunità di farmi conoscere maggiormente in queste aree.

Fabio Mecca

Fabio Mecca

Come vedi la ripartenza dopo il periodo buio legato alla pandemia?

Sono certo che ci sarà una grande determinazione da parte delle aziende, si avrà voglia di riprendere in mano la propria vita, tornando a partecipare a fiere ed eventi. Credo però, che questa pandemia ci abbia insegnato un modo alternativo di lavorare, è possibile far degustare il proprio vino anche dall’altra parte del mondo attraverso un monitor!

Cosa pensi dell’agricoltura biologica?

Lavoro in agricoltura biologica in molte regioni d’Italia con grandi successi e soddisfazioni, ora anche la “biotecnologia” ha fatto passi da gigante, non esiste più solo zolfo e rame, sono molteplici ormai le soluzioni da applicare, l’agricoltura biologica dovrebbe essere la normalità!

E di quella biodinamica?

Avverto amore e odio, mi affascina l’aspetto di una vinificazione “pura e autentica” ma da professionista, da enologo, avendo coscienza che il vino è chimica, sono certo che la biodinamica sia una “fede” alla quale aderire e per avere fede bisogna esserne convinti.

Un territorio italiano e uno estero in cui ti piacerebbe lavorare.

Lavorerei con grande piacere nelle Marche, è una regione che mi affascina per la sua unicità ed autenticità, all’estero mi ha da sempre affascinato la Spagna, territorio forse meno conosciuto ma sono certo che ha qualità ed opportunità ancora inespresse.

Qual è stata la sfida professionale più difficile che hai dovuto affrontare?

Ritornare a lavorare nel 2011 nell’azienda di famiglia, la Paternoster, come consulente; nel 2006  ci stavo stretto e fui costretto per una scelta interna ad andarmene e iniziai a lavorare con Cipresso, poi le cose cambiarono e mi richiamarono in sede; pur continuando a fare il consulente, nelle altre aziende ero libero, da Paternoster invece avevo la responsabilità di una storia, di una famiglia, ero stato richiamato e dovevo fare bene; fortunatamente è andata così.

Fabio Mecca in degustazione

Ci racconti un aneddoto simpatico legato alla tua carriera?

Rimasi chiuso all’una di notte nell’aeroporto di Napoli, ero di rientro dalla Sicilia dove seguivo un’azienda con Cipresso,  atterrai con 2 ore di ritardo, il telefono si era scaricato, la carta di credito non mi funzionava e non avevo contanti con me, oltre a questo per non farmi mancare nulla, pioveva a dirotto, mi fece uscire un funzionario dal parcheggio con l’impegno che avrei fatto il bonifico all’indomani, arrivai a casa alle 5 del mattino, la mia compagna aveva già chiamato alle forze dell’ordine perché non riusciva a rintracciarmi, quando entrai ebbe una crisi di pianto,  alle 7 però ero già verso un’altra cantina, ero in vendemmia!

So che non ci dirai mai qual è il vino migliore che hai fatto, ma ci dici il migliore che farai?

Il successivo in ogni azienda; è una mia necessità vedere già il prossimo vino della prossima vendemmia, confrontandolo con quello passato in proiezione di quello futuro.

Ci racconti il tuo sogno nel cassetto

È un sogno al quale sto già lavorando; vorrei aprire un  “laboratorio permanente della vite e del vino” nel mio paese, Barile, cosi da poter insegnare ai ragazzi il mestiere del vignaiolo o del cantiniere ed infine l’arte della degustazione, sono certo che il futuro è nell’agricoltura.

www.fabiomecca.it