Davide Mea, dallo Street Food al ritrovo Gourmet

di Antonio Stanzione

Davide Mea, chef cilentano con la passione per il mare, nel 2012, da vita alla Taverna del Mozzo, che nasce come semplice cuopperia. Nel corso degli anni, l’amore per la cucina e per il territorio ha fatto sì che La Taverna del Mozzo, da semplice locale Street Food, diventasse un piccolo ristorante. Un ritrovo per gourmet, ma anche per semplici appassionati della cucina di qualità. L’acquisto diretto dai pescatori del posto, così come per i prodotti provenienti dall’orto di piccoli coltivatori certificati, rende una sosta alla Taverna del Mozzo un viaggio polisensoriale alla scoperta del Cilento prima e del mare poi.

In cucina Davide Mea, affiancato da Peppe ed Emanuele formano una squadra affiatata, che giorno dopo giorno sperimenta e crea per offrire ogni volta un’esperienza nuova e ricercata dal sapore di mare.

Assunta, moglie di Davide, fa gli onori di casa e con garbo e attenzione ai particolari, guida la sala, affiancata da Pietro, che, con professionalità ed estrema gentilezza, consiglia abbinamenti e segnala le novità della carta dei vini.

“Dal crudo di pesce dei nostri Plateau agli ortaggi del Parco del Cilento il motto è sempre lo stesso, rispetto massimo della materia prima senza compromessi”, questo è il credo del mozzo Davide Mea.

Ma conosciamo meglio il Deus ex Machina di questo luogo, divenuto un posto Cult per i gourmand del Cilento, Davide Mea.

Davide da dove e come nasce il tuo amore per la cucina?

L’amore per la cucina nasce da bambino, da quando vedevo mia nonna paterna che preparava il pasto per i miei genitori che erano al lavoro; da quel momento sono stato preso da una vera e propria passione: far da magiare alle persone per renderle felici.

A livello professionale qual è la persona alla quale devi di più e perchè?

Le persone che mi hanno dato tanto in cucina sono sicuramente i miei genitori, che da due prospettive completamente diverse, chi nella gestione, chi nella cucina, mi hanno trasferito tanto in termini di propensione al sacrificio e all’umiltà. Negli ultimi anni ho avuto la fortuna di confrontarmi con diversi chef e amici e da ognuno di loro ho appreso qualcosa. Giovanna Voria, Maria Rina, Gianmarco Carli e Gerardo Cosentino sono tutte persone a cui tengo molto e con cui mi piace sempre confrontarmi per condividere idee e prospettive diverse.

La tua è una cucina prevalentemente di mare, perchè?

Ho la fortuna di avere il ristorante sul porto di Marina di Camerota, fare una cucina di mare con pesce pescato fresco è stata da subito la mia idea. Amo il mare sopra e sotto gli anfratti, i fondali e le calette, questo per me è fonte di grande ispirazione.

Di tutte le tue esperienze lavorative, quale ti ha segnato di più professionalmente?

Per un anno ho lavorato in un ristorante di fine dining a Londra e sono stato catturato letteralmente da quell’ambiente. Un ambiente gioioso, di grande eleganza, ma allo stesso tempo leggero. Vedere tutte quelle persone divertirsi al tavolo in un posto elegante e allo stesso tempo informale, ecco, il mio sogno è riuscire a creare questo tipo di ristorante.

Ci racconti un aneddoto simpatico legato al tuo lavoro?

Di momenti gioiosi durante il lavoro ce ne sono tanti, ma non vi racconterò un aneddoto, bensì una delle cose più belle del mio lavoro e che mi manca particolarmente. Sto parlando dell’adrenalina, si, quella che ti sale e ti accompagna durante le serate, quelle belle e piene, dove c’è tanta gente e si è concentrati al massimo. Proprio in questi momenti, una battuta, una parola priva di particolare significato, spesso, può portare tutta la squadra ad una fragorosa risata liberatoria.

Qual è il piatto che più ti rappresenta?

Di piatti, in 7 anni, ne abbiamo fatti diversi, ad alcuni dei quali sono stato più affezionato. Ce n’è uno, però, presente nel mio menù praticamente da sempre: lo spaghettone con alici di menaica, stracciata di mozzarella nella mortella e origano.

Dove ti vedi tra 10 anni?

Tra 10 anni non lo so, ad oggi abbiamo diversi progetti, che mi coinvolgono e mi assorbono molto, ma è ancora presto per parlarne; spero solo che sarò ancora circondato dalle persone meravigliose di cui oggi mi circondo.

Qual è il tuo sogno nel cassetto?

Il mio sogno è quello di poter, insieme a mia moglie Assunta, portare avanti tutto con estrema tranquillità e la collaborazione di tutte le persone che oggi ci stanno vicino.

La Taverna del Mozzo