Castelli romani, la terra del vulcano

di Laura Angelica Ferraro

A pochi chilometri dalla città di Roma, nel territorio del parco dei Castelli Romani, la viticoltura rappresenta la testimonianza del prezioso lascito del Vulcano Laziale. Le morbide colline, ridisegnate dal Vulcano Laziale esploso in epoche primordiali, il paesaggio dalle infinite sfumature di colori, i suoli pregni di minerali preziosi, hanno contribuito a creare una vera e propria civiltà del vino.

Tra le colline vulcaniche dalla fama ancestrale, i vigneti, compresi nel Parco Regionale dei Castelli Romani e attraversati dall’omonima Strada dei Vini, si estendono dalle ultime pendici delle zone pedemontane ai versanti dei colli, qui, il chimismo dei terreni, ha reso il suolo ricco di potassio, fosforo, zolfo, magnesio, tufi e sabbie, composti essenziali per la fertilità e il nutrimento della vite. Testimonianza della natura vulcanica dell’area sono le grandi cave romane di basalto, ancora in attività. Il basalto (la lava del vulcano) era ed è utilizzato per la realizzazione dei basamenti stradali romani, i rinomati sanpietrini. L’antico bacino eruttivo fu caratterizzato da primordiali fasi di attività vulcanica (circa 600.000 anni fa) di tipo prevalentemente esplosivo, alle numerose colate e all’emissione di ingenti quantità di materiali, seguirono altri grandi episodi esplosivi ed effusivi. L’attività terminò con il collasso della parte alta del cratere. Nei periodi di relativa calma, il suolo si arricchì di ceneri, lapilli, argille e ghiaia di natura marina, materiali vulcanici fondamentali per la ricchezza nutritiva delle uve. L’attività del Vulcano Laziale riprese con episodi soprattutto effusivi di tipo stromboliano, creando un altro vulcano più piccolo al centro della caldera del precedente vulcano. La fase conclusiva di questo lungo processo di cambiamento del territorio, si ebbe con l’incontro in profondità di acqua e magma incandescente, dalle violente esplosioni ebbero origine diversi bacini lacustri e gli attuali laghi di Nemi e Albano.

Lago di Albano

L’eredità del vulcano ha lasciato un terreno dalle caratteristiche uniche, suolo con perfetto drenaggio dell’acqua, sali minerali che garantiscono acidità al terreno, una buona porosità in grado di garantire alla vite la giusta umidità nei periodi più siccitosi. È qui che la vite fa sentire all’uomo il sapore della terra, manifesta tramite i suoi grappoli i segreti del suolo, arricchendo il patrimonio ampelografico.

Malvasia Puntinata

Vitigni a bacca bianca, autoctoni in primis: malvasia di Candia, Malvasia del Lazio o puntinata, Bellone (molto diffuso nella provincia romana già ai tempi di Plinio), Bombino Bianco, Grechetto e Trebbiano (verde e giallo), si esprimono al meglio regalando vini freschi, di ottima beva, dall’intensa persistenza, dal gusto ricco, dove acidità e sapidità si incontrano trovando un equilibrio ottimale. Nascono vini che costituiscono la base delle Docg Frascati Superiore e Cannellino di Frascati (versione dolce da vendemmia tardiva). Tra i vitigni a bacca rossa ricordiamo Sangiovese, Montepulciano, Cesanese comune, Merlot e Nero Buono, che danno vini dalla discreta acidità, dall’intensa colorazione dai profumi fruttati e dalla buona struttura.

La vite e il vino, hanno trovato tra i Castelli Romani, la massima espressione del concetto di terroir. Lave, rocce e ceneri, figlie del Vulcano Laziale, sono gli elementi intorno ai quali si sono da sempre contraddistinti i vini dei Castelli, dove sin dall’antichità ruotava la vita delle genti di questi luoghi. La sfida per i produttori è la continua ricerca e il costante miglioramento dell’arte enologica, coniugando l’antica e sapiente tradizione con le innovative soluzioni tecnologiche in cantina e in vigna.